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La responsabilità civile e tributaria delle Associazioni. Alcune precisazioni.


Cari amici di Studio Legale nel Sociale, oggi trattiamo un tema molto delicato che riguarda la responsabilità civile e tributaria delle Associazioni e dei loro rappresentanti legali. Domanda,. lecita e legittima, che in più occasioni ci è stata posta.

Come prima cosa, è necessario fare la distinzione tra associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute, atteso che, con particolare riguardo alla responsabilità civile e responsabilità tributaria– amministrativa, le conseguenze si differenzieranno proprio sulla base della titolarità o meno, in capo all’associazione, della personalità giuridica.


Le operazioni poste in essere dagli enti non commerciali, nel corso della vita associativa, potranno determinare la comparsa di effetti anche a rilevanza giuridica. Tra essi, molteplici saranno quelli nascenti da una responsabilità di tipo civile, tanto nelle ipotesi di inadempimento di un’obbligazione, quanto nei casi di “danni ingiusti” a persone o a cose. Anche in riferimento agli enti non commerciali si potrà, quindi, distinguere la responsabilità civile attraverso la tradizionale bipartizione:

  1. responsabilità civile contrattuale;

  2. responsabilità civile extracontrattuale (o da fatto illecito).

La disamina delle due sottotipologie di responsabilità consentirà di comprendere come gli enti non commerciali potranno ritrovarsi coinvolti in una o in entrambe le fattispecie citate. Ciò potrà determinare conseguenze di natura patrimoniale, atteso che il comune denominatore dell’avvento accertamento si identificherà nell’obbligo al risarcimento del danno.

La responsabilità civile contrattuale: essa troverà luogo in tutti i casi ove fosse sentenziato l’inadempimento di un contratto. Ebbene, l’inosservanza di tale accordo, e della clausole che ne avranno determinato il contenuto comporterà, per la parte inadempiente, uno stato di responsabilità.

La responsabilità civile extracontrattuale: il codice civile (Art. 2043 cod. civ.) definisce il fatto illecito come qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto. A ben vedere, il compimento di attività a favore di soggetti interni o esterni all’Associazione potrà comportare la presenza di eventi “dannosi” nei confronti dei medesimi, eventi potenzialmente imputabili alla responsabilità dell’associazione. Si immagini l’organizzazione di una manifestazione rivolta all’intera comunità, ove si predispongano punti di aggregazione, di somministrazione di pasti e di visita a strutture espositive; il concretizzarsi di incidenti a danno dei visitatori, dovuti a carenze organizzative, indurrà l’associazione ad un’assunzione di responsabilità concretamente rapportabile ai membri esecutori delle mansioni di organizzazione e di allestimento. Si parlerà, nello specifico, di responsabilità civile extracontrattuale diretta, venendo qui coinvolti gli organi sociali dell’associazione e, quale conseguenza, i loro stessi componenti.


Diversa nella natura, ma non nell’esito sostanziale, l’ipotesi di fatto illecito commesso da un ausiliare dell’associazione pur sempre nell’ambito di un’attività ascrivibile a quest’ultima. È il caso di un corso di ginnastica per soli soci, ove la condotta negligente o imprudente dell’istruttore causi il verificarsi di un incidente ad un corsista. Sebbene si tratti di responsabilità civile extracontrattuale indiretta, in virtù della quale la comparsa del danno verrà imputata all’ausiliare con mansione di istruttore, il soggetto danneggiato manterrà il diritto di esercitare un’azione di risarcimento nei confronti dell’associazione, salva la successiva facoltà di regresso dell’ente verso l’autore del comportamento negligente o imprudente.

Il denominatore comune all’accertamento di entrambe le tipologie di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale) si configurerà nell’obbligo al risarcimento del danno e, in termini monetari, nel versamento di una somma di denaro. Per le associazioni dotate di personalità giuridica, infatti, il risarcimento avrà luogo esclusivamente a mezzo del patrimonio sociale, senza che alcuna delle persone fisiche ivi coinvolte (usualmente amministratori e presidente) possano subire un intervento a carico del suo patrimonio personale; al contrario, in assenza di riconoscimento, l’insufficienza del patrimonio sociale potrà determinare uno spostamento sul patrimonio personale di coloro che avevano agito in nome e per conto dell’associazione.

Ci si chiede se tra coloro che diverranno personalmente passibili dell’azione di risarcimento sia da annoverare la sola persona fisica che materialmente avrà agito ovvero l’insieme dei soggetti che, all’interno di uno specifico organo sociale (ad esempio consiglio direttivo), avranno deliberato di agire in quella direzione. Sul punto la giurisprudenza è incline a preferire quest’ultima ipotesi, salva la preventiva sussistenza di specifiche deleghe e competenze conferite ad un singolo consigliere (o, più in generale, ad un singolo associato).


Se in materia di enti riconosciuti si attua in modo inequivocabile la piena tutela del patrimonio degli associati, e in particolar modo degli amministratori, sarà opportuno precisare come anche per gli enti non riconosciuti potranno essere adottati strumenti alternativi di preservazione del patrimonio personale di coloro che vi agiscono in nome e per conto. In particolare, rimanendo nel campo della responsabilità civile extracontrattuale, la stipula di apposite polizze assicurative rappresenterà un’adeguata forma di garanzia.

Diversa considerazione in tema di responsabilità civile contrattuale, giacché per tale fattispecie il miglior mezzo di inattaccabilità del patrimonio personale sarà una preventiva valutazione delle risorse effettivamente insite al patrimonio sociale.


All’interno di ciascun sodalizio è frequente l’individuazione di soggetti, per lo più consiglieri, con mansioni di tenuta della contabilità e di pagamento delle relative imposte. In ipotesi di mancato esercizio di attività di natura commerciale, potranno comunque essere introdotti rapporti di lavoro subordinato o autonomo con il conseguente intervento da parte del sodalizio nel ruolo di sostituto di imposta. Verrebbe, quindi, da chiedersi a quali conseguenze andrà incontro l’associazione portatrice di una condotta omissiva in termini di adempimenti contabili, impositivi o dichiarativi.

Ancora una volta, l’esito della questione verterà sulla differenza tra enti riconosciuti ed enti non riconosciuti. Il principio di personalizzazione della sanzione stabilisce che nel caso di violazione correlata alla determinazione o al pagamento del tributo, commessa da dipendente, rappresentante o amministratore di un’associazione non riconosciuta, sovverrà una responsabilità in solido in capo alla stessa associazione e alla persona fisica autrice materiale della violazione. La compresenza di questo doppio grado di responsabilità consentirà all’amministrazione finanziaria di muovere contestualmente verso le due figure (ente e persona fisica autrice della violazione), pretendendo da entrambe il pagamento integrale della sanzione; rimarrà, naturalmente, fermo il diritto di regresso esercitabile dall’ente beneficiario della violazione verso la persona fisica responsabile.


Per ovviare a tale vincolo restrittivo, la legge [2] prevede la possibilità di accollo del debito da sanzione da parte dell’ente beneficiario, a favore dell’autore materiale della violazione. In questo modo, le associazioni non riconosciute saranno autorizzate, a mezzo di verbale di assemblea ordinaria, a deliberare il trasferimento di un’eventuale sanzione tributaria dal patrimonio della persona fisica autrice a quello della stessa associazione; nondimeno, qualora la disponibilità della base patrimoniale associativa risultasse insufficiente, potranno essere gli associati, con identica quota, ad intervenire personalmente. Il testo esemplificativo di verbale di accollo della sanzione presenterà tale contenuto: «L’Assemblea, con riferimento all’articolo 11 comma 6 del D. Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, delibera che l’Associazione si assume, anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni o degli enti che gestiscono i tributi, il debito per sanzioni conseguenti a violazioni che i rappresentanti della stessa e i loro amministratori commettono nello svolgimento delle mansioni cui sono preposti ed entro i limiti dei rispettivi poteri. L’assunzione vale nei casi in cui il rappresentante, o l’amministratore, abbia commesso la violazione senza dolo, ed è in ogni caso esclusa quando chi ha commesso la violazione abbia agito volontariamente in danno dell’associazione. È altresì esclusa nei casi in cui la colpa abbia quelle connotazioni di particolare gravità definite dall’articolo 5, comma 3, dello stesso d. lgs. n. 472. La particolare gravità della colpa si intende provata quando i giudici tributari, investiti della controversia, si saranno pronunciati in senso analogo o quando venga riconosciuto dallo stesso autore della violazione che le prove fornite dall’ufficio o dall’ente accertatore sono tali da rendere evidente e indiscutibile la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari».

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