La base associativa delle Associazioni del Terzo settore. Caratteristiche e limitazioni
Cari amici, oggi cercheremo di fare il punto su una questione sulla quale ci vengono posti molti quesiti: “da chi può essere composta la base associativa degli Enti di Terzo settore in forma di Associazioni (Aps e Odv) ?!”
Cominciamo col dire che, il Codice del Terzo settore (D.lgs. 117/2017) all’articolo 4 (comma 1) stabilisce quali tipologie organizzative possono appartenere a questa categoria, quali caratteristiche devono possedere e le finalità che devono perseguire.
La definizione è la seguente:
“Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.
Lo stesso articolo, al comma 2, chiarisce anche chi non può acquisire la qualifica di ETS:
“Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile…”.
Appare chiaro, dalla lettura di questo articolo, che non possono essere riconosciuti come Enti del Terzo Settore gli enti pubblici (e gli enti da essi controllati), gli enti privati con finalità economiche (associazioni di categoria o professionali), i sindacati, i partiti politici e le società commerciali non riconosciute come Imprese Sociali.
La natura cd. “privatistica” degli Enti di Terzo settore e, in particolar modo, di quelli costituiti in forma di Associazione (Aps, Odv) e delle Fondazioni viene sottolineata nel Titolo V del Codice che è dedicato alle specifiche categorie di ETS.
In particolare, l’art. 32 (capo I – delle Organizzazioni di volontariato) recita :
“Le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre organizzazioni di volontariato…);
In riferimento, invece, alle Associazioni di Promozione sociale, l’art. 35 (capo II – Le Associazioni di Promozione sociale) recita:
“Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale per lo svolgimento ….”
I chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Oltre alle disposizioni normative appena menzionate, una Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, del 5 febbraio 2020, chiarisce da chi può essere costituita la base sociale di un Ente di Terzo, con specifico riferimento alle Associazioni di Promozione sociale e di Volontariato.
Nella circolare, da un lato viene ribadita la possibilità che la compagine sociale possa essere costituita non solo da persone fisiche ma anche da altri Enti, che meglio possono contribuire al perseguimento degli scopi sociali, dall’altro approfondisce le limitazioni a tale principio derivanti da disposizioni che interessino proprio le APS e le OdV (rispettivamente art. 35 e art. 32 del Cts).
Questi due articoli (chiarisce la circolare) pongono limiti sia di carattere qualitativo che quantitativo. Il primo ordine di limitazioni concerne la natura dei soggetti superindividuali ammissibili, che devono appartenere a tipologie tassativamente individuate (altri ETS o enti non lucrativi). Il secondo genere di limitazioni riguarda il numero di tali soggetti, che non può essere superiore al 50% rispettivamente delle ODV o delle APS associate.
Giova al riguardo precisare che tali limiti non comprimono l’autonomia decisionale degli enti, ai quali non è preclusa la facoltà di modificare, nel rispetto delle disposizioni statutarie, la propria compagine associativa, oltre i limiti dianzi indicati, rinunciando alla qualificazione di ODV o di APS.
Non è rappresentata in maniera espressa, dal Codice del Terzo settore, una previsione volta ad escludere la possibilità di una base associativa comprendente sia persone fisiche che ODV o APS: detta ipotesi appare quindi rispondente agli enunciati canoni della libertà associativa e dell’autonomia negoziale. In altre parole viene riconosciuta, in capo a queste due categorie organizzative, la libertà di avere una composizione sociale che ricomprenda tanto persone fisiche che Enti del Terzo settore o senza scopo di lucro.
La circolare in esame, pur facendo riferimento anche ad altre categorie di “organizzazioni non lucrative” (quali enti che possono costituire la compagine sociale) di certo si riferisce sempre a tipologie giuridiche riconducibili a quelle di riferimento (Aps o Odv) non lasciando la possibilità di ingresso a organismi di natura pubblica o del privato for-profit.
Infatti alla pagina 2, recita: “l’ingresso nelle basi associative delle ODV e delle APS di enti del Terzo settore – onon lucrativi - non omogenei con la tipologia dell’associante dovrebbe essere consentito soloqualora nelle medesime basi associative siano comunque presenti, in numero adeguato, Enti aventila stessa natura dell’ente interessato (e a condizione che l’associabilità di tali soggetti sia contemplata nello statuto)..
Viene, a parer nostro, contemplata solo la libertà, da parte delle associazioni di poter inserire nella propria compagine sociale, enti diversi ma che siano comunque del Terzo settore, purché vi siano le condizioni numeriche previste dal Codice.
Per quanto riguarda, l’inclusione di imprese for profit all’interno della compagine sociale, le limitazioni di cui sopra non riguardano tutte le categorie organizzative di ETS ma esclusivamente ODV e delle APS, per le quali i già richiamati articoli 32 e 35, individuano tassativamente le caratteristiche dei soggetti che possono comporre la base associativa di tali organismi a disciplina speciale.
Pertanto, “…in continuità con l’indirizzo interpretativo fornito dall’agenzia delle entrate intema di ONLUS (Circolare n.38/E del 1° agosto 2011), si ritiene che in assenza di previsioni specifiche
relative a particolari tipologie di enti, le imprese (ivi incluse quelle for profit) possano costituire opartecipare successivamente alla base associativa degli ETS nonché detenerne il controllo, sia informa singola (da parte di una unica impresa) che in forma congiunta tra due o più di esse...”
Alla luce di quanto sin qui rappresentato, possiamo affermare che gli organismi di natura pubblica non possono far parte della compagine sociale degli Ets, soprattutto se si tratta di Associazioni. Naturalmente, resta viva la possibilità di instaurare relazioni con il settore pubblico attraverso gli appositi strumenti (accordi, protocolli, convenzioni … ecc).
studiolegalenelsociale@gmail.com
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