Riforma del Terzo Settore. Punti di forza e criticità.
Cari amici di Studio Legale nel Sociale, mettiamo in evidenza un interessante articolo di "Repubblica" che schematizza in modo molto sintetico alcuni aspetti della riforma del Terzo Settore e mette in evidenza alcuni punti di forza e di criticità
Nelle organizzazioni non profit lo stipendio del dipendente più pagato non potrà essere più di sei volte superiore a quello del dipendente meno pagato, e saranno imposti dei limiti alle retribuzioni. Diventerà obbligatorio pubblicare il bilancio sociale sul sito internet (e quindi, giocoforza, averne uno), compresi tutti i compensi delle posizioni direttive. Chi riceve il cinque per mille dovrà inviare ogni anno all’Agenzia delle Entrate un rendiconto di come sono stati utilizzati i soldi e pubblicare sul sito le somme ricevute e il rendiconto medesimo. In caso di inadempimento, si rischia di perdere un quarto delle somme. Il nuovo Codice che riordina la materia. Sono alcune delle novità più significative introdotte dalla riforma del Terzo settore, voluta da Matteo Renzi e messa a punto dai decreti attuativi approvati in via preliminare dal governo il 12 maggio scorso, in particolare il nuovo Codice del Terzo settore che riordina tutta la materia. Manca solo il parere delle commissioni parlamentari competenti, poi, entro il 2 luglio, i decreti diventeranno legge dello Stato. Più obblighi, ma anche più agevolazioni. Uno Stato che dunque impone obblighi più stringenti di equità e trasparenza e definisce con più chiarezza e meno ambiguità che cosa identifica il Terzo settore: “il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale, in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”. Che cosa significa “interesse generale” lo stabiliranno norme successive. Lo Stato esige di più, ma promette anche di dare di più, introducendo numerose agevolazioni fiscali e finanziarie. Tre esempi: • il “social bonus”, un credito d’imposta per le donazioni in denaro effettuate in favore di enti non commerciali, che abbiano presentato un progetto per il recupero di edifici pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla mafia, a loro assegnati. • l’eliminazione del tetto di 70mila euro per la deducibilità fiscale delle donazioni fatte dalle imprese agli enti no profit • i “titoli di solidarietà”, uno strumento di finanza sociale per il sostegno delle attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo settore non commerciali. Burocrazia semplificata. In arrivo anche alcune semplificazioni burocratiche. Sarà più facile e veloce acquisire la personalità giuridica; sarà istituito presso il Ministero del Lavoro il “Registro unico nazionale del Terzo settore”, a iscrizione obbligatoria, che dovrebbe sostituire la giungla di elenchi provinciali, regionali e nazionali oggi esistenti. Tutti gli enti iscritti al Registro unico potranno beneficiare “in automatico” del cinque per mille, mentre oggi alcuni tipi di enti, come le fondazioni, devono dimostrare di svolgere attività di rilevanza sociale. Infine arrivano i rimborsi forfettari nel volontariato: fino a 150 euro mensili non ci sarà obbligo di documentare le spese. I punti controversi. Sono i rimborsi spese non documentati ai volontari, il tetto dei compensi ai manager, l'assenza dello sport dilettantistico. Non piace a tutti la norma che introduce i rimborsi spese forfettari, cioè senza obbligo di documentare le spese, fino a un massimo di 150 euro mensili. Un’apertura al volontariato retribuito – e dunque snaturato? Risponde Stefano Lepri, senatore PD e presidente della sottocommissione Welfare in Commissione Lavoro. “150 euro non mi pare possano configurare uno stipendio mascherato…è una forte semplificazione, invece, sia per i volontari, che per le associazioni, soprattutto le più piccole, non dover tenere montagne di scontrini e ricevute di piccolo importo”. Assurdo conservare lo scontrino del caffè al bar. Edoardo Patriarca, deputato e presidente del Festival del Volontariato, aggiunge: “Personalmente non avrei inserito la norma, perché il dono è dono. E’ anche vero che tenere le ricevute del caffè o del biglietto del tram diventa un peso, per tanti anziani ad esempio, che fanno moltissimo volontariato. Attenzione però alla responsabilità: nei decreti ricade tutta sul volontario, invece secondo me deve ricadere sulle organizzazioni, che così staranno anche più attente a vigilare su possibili abusi”. La scomparsa dello Sport dilettantistico. C’è preoccupazione anche nel mondo dello sport dilettantistico a causa della ”sparizione” di questa tipologia di associazione dal codice del Terzo settore. Eppure, tra sport e cultura in Italia abbiamo quasi duecentomila organizzazioni (dati ultimo censimento ISTAT). “Hanno escluso le associazioni sportive dilettantistiche, come se lo sport non avesse nessuna valenza sociale” attacca Bruno Molea, deputato e presidente nazionale dell’Associazione Italiana Cultura e Sport. Eppure, gli iscritti agli enti di promozione sportiva sono sette milioni. Abbiamo bambini, anziani, migranti, persone disabili che fanno sport con noi e questa mancanza di riconoscimento ci ha molto deluso”. Anche su questo risponde Stefano Lepri. “Non vedo il problema, francamente. Gli enti sportivi che hanno valenza sociale sono associazioni di volontariato, o di promozione sociale, e come tali sono parte del Terzo settore. Negli altri casi, non hanno titolo per farne parte”. Il mondo dei fundraiser. Infine si è mosso il mondo dei fundraiser, i “marketing manager” del non profit. ASSIF, la loro associazione di rappresentanza, ha presentato una petizione su Change.org per chiedere al Parlamento una proroga di sei mesi. “Noi fundraiser guardiamo con fiducia a questa norma, che per la prima volta definisce la raccolta fondi non solo come l’evento di piazza, ma come un’attività complessa, organizzata e continuativa degli enti non profit”, dice Luciano Zanin, presidente di ASSIF. Però temiamo che per la fretta rimangano una serie di imprecisioni che metteranno in difficoltà gli amministratori e chi organizza la raccolta fondi. Basterebbero 6 mesi per rifinire al meglio la norma”. Soprattutto il tema dei compensi preoccupa i fundraiser.
“C’è una norma che limita pesantemente la remunerazione dei dipendenti delle non profit e quindi limita la crescita del Terzo settore. I migliori ricercatori, ma anche i migliori analisti e amministratori li si attirano con stipendi adeguati al mercato”.
Fonte: Republica.it