Riforma del Terzo Settore. Alcune riflessioni di Beppe Guerini
Cari amici di Studio Legale nel Sociale, vogliamo proporvi una interessante intervista fatta da "IDEE IN RETE" a Beppe Guerini (portavoce dell'Alleanza delle Cooperative), dalla quale emergono interessantissime riflessioni sui Decreti Legislativi approvati lo scorso 28 giugno e ancora non emanati e che apporteranno importanti trasformazioni al mondo del Terzo Settore italiano.
Ovviamente, ad oggi, non può che trattarsi di prime impressioni, dal momento che si lavora su testi ancora non ufficiali e che quindi è possibile esprimersi sulla struttura degli atti, ben sapendo che, con i testi definitivi, potrebbero emergere ulteriori impressioni.
“Il giudizio sul Decreto impresa sociale è sostanzialmente positivo, si arriva al termine di un’operazione durata tre anni” esordisce Guerini; “E, oltre al fatto di per sé positivo di avere un punto di riferimento, vi è da rilevare con soddisfazione che alcune delle difficoltà segnalate in fase di discussione del decreto rispetto al coordinamento con le attività delle cooperative sociali sembrano essere state risolte nel testo approvato ieri”.
A cosa fai riferimento, in particolare?
Uno dei problemi riscontrati era il mancato intervento sui settori di attività delle cooperative sociali, che rischiavano di rimanere confinate al perimetro del 1991; la formulazione definitiva invece specifica che le cooperative sociali possono occuparsi anche di servizi sanitari, di educazione, formazione professionale, istruzione e possono offrire servizi finalizzati al reinserimento delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro. Si tratta, nei fatti, di attività non nuove per le cooperative sociali che queste cose le stavano già facendo, ma spesso in un regime dubbio laddove si fosse optato per una lettura restrittiva della 381/1991. E tutto ciò portava a effetti paradossali; si pensi ad esempio al lavoro nel campo della salute mentale, dove le cooperative sociali hanno scritto pezzi fondamentali della storia che ha portato alla deistituzionalizzazione dopo la legge Basaglia; bene, gli interventi sulla salute mentale sono inquadrati come “sanitari” e questo poteva portare a perplessità laddove si ritenesse che il confine operativo delle cooperative sociali fosse limitato all’ambito socio sanitario. E lo stesso si può dire per molti servizi formativi o finalizzati a favorire l’accesso al mondo del lavoro, anch’esso comuni tra le cooperative sociali.
Ciò è senz’altro vero, ma altri settori restano esclusi quali l’ambiente, la cultura, il patrimonio artistico, ecc.; pensi si potesse fare di più?
Io ritengo che quella del decreto sia la scelta giusta; come cooperazione sociale nasciamo con una vocazione originaria che non va tradita; non si tratta di cambiare o ampliare l’ambito di attività delle cooperative sociali, ma di leggere in modo più moderno e inclusivo ciò che le cooperative sociali in realtà sono e questo è quello che il decreto fa.
Vi sono altri aspetti importanti che ritieni opportuno rimarcare rispetto a questo decreto?
La legge chiarisce che l’impresa sociale con socio unico non è concepibile e questo è positivo, aspetto trascurato nella precedente stesura. L’impresa è sociale anche per quello che è e non solo per quello che fa e un’impresa sociale di un imprenditore singolo non può avere la dimensione collettiva e inclusiva.
Quale potrebbe essere l’effetto di queste disposizioni?
In primo luogo auspico che aiuti l’emersione delle attività di tipo imprenditoriale che oggi sono svolte all’interno del terzo settore, ma senza assumere la forma di impresa sociale; sarebbe un contributo prezioso sia alla trasparenza del settore che per l’evoluzione del mercato.
In che modo pensi che il mercato potrebbe evolvere?
Spesso in questi anni si è sentito dire: “non possiamo affidare al mercato il welfare o la cultura”; queste affermazioni, figlie di una situazione in cui da una parte vi è lo stato e dall’altra il mercato, potrebbero essere superate laddove, grazie alla diffusione di imprese sociali, si determinasse un mercato più etico sociale e inclusivo. Credo che non sia solo il mercato a condizionare le caratteristiche delle imprese, ma che la presenza e la diffusione di soggetti imprenditoriali diversi potrebbe contribuire in modo significativo a far evolvere il mercato.
E rispetto al Codice del terzo settore, oggetto di un altro decreto, quali sono le tue impressioni?
Si tratta di un testo complesso che sarà necessario esaminare con più calma. Anche in questo caso è positivo il fatto che la riforma sia arrivata in porto, anche se con ambizioni ridotte rispetto ai propositi iniziali; per onestà vi è da dire che su questo, sulla possibilità di riforme più radicali e coraggiose, la responsabilità va condivisa tra istituzioni e soggetti di terzo settore. Il clima non facile di questi anni non ha aiutato a fare una riforma più ampia. In ogni caso anche in questa occasioni dobbiamo constatare che il nostro Paese mostra delle resistenze al cambiamento, pur se in ogni caso si fanno passi avanti.
Uno dei passi avanti che riscontri nel Codice?
Penso potrà aiutare a introdurre chiarezza in un mondo associativo dove numericamente prevalgono associazioni non giuridicamente riconosciute; ora si semplificano le procedure di riconoscimento e spero che questo contribuisca a fare emergere una parte rilevante di queste forme di terzo settore.
di Gaetano Merrone
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Mettere a sistema l’innovazione sociale. Questo il messaggio che – a latere – è uscito forte dal convegno “MINORI E GIUSTIZIA. Progetto Re.Lig. - Rete Liguria: Percorsi di crescita e di cambiamento” che si è svolto lo scorso 30 maggio a Savona.
Il convegno, organizzato dal consorzio “Il Sestante” – capofila del progetto Re.Lig – e che ha visto una ampia partecipazione di operatori del settore, aveva lo scopo, da un lato, di presentare i risultati dei primi due anni di lavoro del progetto finanziato dalla Compagnia di San Paolo e dalle Fondazioni “Agostino De Mari” e CaRiGe, dall’altro quello di lanciare nuove sfide verso il futuro con il coinvolgimento anche dei soggetti istituzionali.
E la più importante è stata quella che, sotto traccia, è emersa in molti interventi: sperimentare nuovi approcci nel sociale è oggi una necessità ma il rischio forte è che la ricerca di risorse, sempre più limitate, spinga a cercare “solo” novità a scapito del consolidamento e dell’evoluzione di nuove prassi.
[...] Ma l’arma vincente ed innovativa, sin da subito, si è dimostrata la capacità di lavorare con azioni sinergiche, flessibili e condivise tra soggetti del terzo settore e istituzioni, tutti coinvolti, a pieno titolo, sia nella prevenzione dei reati commessi dai minori sia nella presa in carico dei ragazzi entrati nel circuito penale. Un aspetto qualificante e innovativo del progetto è proprio l’integrazione organica e lo scambio tra azioni preventive e “riparative”.
E i risultati, presentati nel corso del convegno da Antonella Saccomani de “Il Sestante” e da Francesca Anglois – ASVAPP Associazione per lo Sviluppo della Valutazione e l’Analisi delle Politiche Pubbliche, ne sono una riprova.
A più di due anni dall’avvio di Re.Lig. (gennaio 2015) sono arrivate 104 segnalazioni di ragazzi, in forte prevalenza maschile (87%) e italiana (68%); al momento della segnalazione al progetto il 62% dei ragazzi risulta essere ancora minorenne. Il 60% ha una misura di messa alla prova, solo il 3% dei ragazzi non è interessato da provvedimenti al momento della segnalazione.
Molteplici sono state le attività realizzate con l’accompagnamento socio educativo (79) e le attività socialmente utili (26) tra quelle attivate maggiormente. In media per ogni ragazzo è stata chiesta più di una attività (1,7): 13 ragazzi sono stati segnalati per tre o più attività, 30 per due attività, 59 per una sola con percorsi della durata media di circa 6 mesi (190 giorni) passando da una massima di 15 mesi (473 giorni) ad una minima di 22 giorni. Un indicatore della bontà del progetto, inoltre, è sicuramente rappresentato dal fatto che ben il 64% dei minori mostrano un comportamento positivo e collaborativo con gli operatori di Re.Lig; solo il 22% di loro ha avuto un atteggiamento poco collaborativo o rancoroso nei confronti della disposizione del giudice. Dati importanti che la qualificata platea ha ascoltato con interesse.
Ora, inoltre, è allo studio anche l’implementazione di un sistema per la valutazione di impatto delle azioni del progetto un aspetto sempre più determinante per “pesare” quanto le attività realizzate cambiano lo “status quo” trovato all’avvio del progetto.
Nel corso del convegno è stato, inoltre, presentato il video “Map” realizzato dai ragazzi con la direzione di Marino Lagorio, regista ed esperto politiche giovanili del consorzio “Il Sestante”. Il lavoro rappresenta l’ideale prosecuzione di “Margareth & Queen”, la prima esperienza da “videomakers” realizzata nell’ambito del progetto, che ha riscosso un ottimo successo nelle scuole in cui è stato presentato.
Ha concluso la giornata il prof. Franco Prina, Docente di Sociologia della devianza all’Università di Torino e consulente Compagnia di San Paolo, che ha rilanciato indicando la strada per il futuro: è fondamentale dare stabilità ai progetti di qualità affinché non restino esperienze positive ma limitate nel tempo.
Fonte : Ideeinrete Consorzio Nazionale