Uomini o topi. Dell'amico Luca
Foto di Francesco Amati
Non ho niente contro i vegetariani. Anzi, al 79% lo sono anche io. Però con alcuni discordo sul loro senso del “dolore”. Come se per riconoscere la sofferenza altrui bisogna che ci assomigli. Il pianto, il sangue, il battersi inutilmente durante l’agonia sono simboli universalmente riconoscibili. Ma siamo sicuri che la sfiga altrui debba, per essere compresa, somigliare a quella potenzialmente nostra? Provate, ad esempio, a somministrare un goccio di vino alla vostra piantina di basilico. Ve ne sarà a riconoscente, instaurando con voi una complicità cromatica. Che fare? Non consumare più il basilico di casa? Io, nel dubbio, ho imposto un “fermo biologico” alla mia piantina e, almeno per ora, uso origano secco o il basilico altrui. Stesso discorso avviene per gli scarafaggi. Ucciderli non è peccato, salvo poi passare per insensibili se non si mette un like alle 300 immagini quotidiane di cuccioli abbandonati che girano sui social. Di quali colpe si è macchiato lo scarafaggio? Molti scienziati nell’indagare la possibile esistenza di vita su altri pianeti utilizzano dei parametri, tipo acqua/ossigeno, legati alla vita così come la conosciamo. Ma se gli alieni avessero bisogno di altri requisiti per esistere? Tutte domande alle quali il vostro amico Luca non sa rispondere. Così come sono abbastanza confuso su molti temi nazionali e internazionali. Il Venezuela, ad esempio, sta inscenando con la sua crisi la classica contrapposizione destra/sinistra, imperialismo americano/anti imperialismo americano. Intanto, e questo avveniva anche prima del casino, con uno stipendio medio un venezuelano acquista tre polli. Giuro: con tre polli deve mangiare un mese e non è facile. Essere di sinistra oggi è, secondo me, fare delle scelte di campo coraggiose, libere da schemi precostituiti. Cercare nella propria visione del mondo e nel proprio viverla una nuova scala di priorità. E’ un percorso a ostacoli, privo di verità “tranquillizzanti”, di pacifismi domenicali e di gruppi sociali e politici definiti. E’, in pratica, un gran casino. La sinistra italica, negli ultimi trenta anni, si è distinta nello sforzo feroce di abbandonare tutte le sue referenze identitarie. L’uguaglianza, il lavoro, l’internazionalità, per concentrarsi sulla caccia allo scarafaggio di turno: da Berlusconi a Salvini. Ma è proprio la comprensione di certi fenomeni politici che ci può aiutare a superarli. L’ineleganza e la brutalità politica di Salvini sono gli argomenti più in voga nei nostri salotti illuminati. A volte assisto impotente a conversazioni sul uso delle t-shirt del nostro vice premier e vorrei riportare delle argomentazioni, senza riuscire però a dire una parola, sul fatto che con quelle magliettine la Lega è diventata il primo partito italiano. Sul fatto che l’ elettorato italiano è composto da abitanti di luoghi di abbandono e non di salotti borghesi. E che, grande responsabilità di questo abbandono, da D’Alema a Renzi, è colpa nostra. Che sui grandi temi della modernità: lavoro, formazione, welfare, ambiente, sicurezza; interi pezzi del nostro territorio sono scivolati verso parametri da Terzo Mondo. Ma sto zitto perché ho il terrore di non essere accettato. Però a voi una cosa posso rivelarla: gli alieni hanno già invaso il nostro Paese. Basta prendere un treno regionale per rendersene conto. Il concetto stesso di “seconda classe” è superato di fatto da una “quarta classe” difficilmente identificabile e, a questo punto, elettoralmente “liquefatta”. Insegnanti pendolari che per svolgere l’altissimo compito formativo al quale sono chiamati, viaggiano fino ad otto ore al giorno per espletarlo. Ragazzi fulminati dalle nuove e sottovalutate droghe sintetiche con dialetti incomprensibili e sguardi allucinati. Extracomunitari in perenne trasloco verso chissà dove. Anziani livorosi e spaventati. Bambini gonfi da cibi avvelenati. Disoccupati che vendono disperate e disparate mercanzie. Secondo voi a questi alieni interessa la presenza di Casa Pound al Salone del libro di Torino? Poi vi chiedo: in un Paese dove l’editoria fascista rappresenta una fetta consistente, perché Casa Pound no e altri si? Sempre per lo stesso vizio della sinistra italica di interrogarsi sulla ineleganza di alcuni fascismi e sulla ragionevolezza di altri. I fascisti che controllano fette consistenti del mercato del pensiero sono molto più pericolosi, a parer mio, di quelli che sono circoscritti in nicchie miserabili e marginali. Ma questi ultimi emanano una specie di puzza dei piedi e nei nostri salottini non li vogliamo. La sinistra deve iniziare, se non vuole estinguersi, a interrogarsi sulla puzza dei piedi. Da cosa essa è scatenata. Su come contrastarla e rimettere “in dignità” questo Paese. Altrimenti finiamo per discutere sull’ennesima gaffe di Salvini e a perdere le elezioni da qui all’eternità. Una volta mi è entrato un topo nello studio. Io dovevo consegnare un lavoro e mi sono spostato nel cortile del palazzo. Un africano guardava molto divertito la scena: il topo in studio e il pensatore in cortile. Gli ho chiesto se poteva catturarlo. Lui mi ha detto che l’avrebbe fatto appena finito di dipingere la porta del vicino. Dopo qualche ora è entrato da me scalzo ed ha catturato il topo. Me lo ha consegnato in una scatola di scarpe. Qui sorse il dilemma: l’accordo, che prevedeva un compenso di cinquanta euro, consisteva nella cattura della bestia, non nella sua uccisione. Il cacciatore africano sosteneva che il topo a lui non aveva fatto niente. Ero io che dovevo sopprimerlo. La conversazione si è protratta a lungo. Io avevo tra le mani la scatola contenente una vita, ignobile ma viva. Colpevole di essersi intersecata con la mia e aver violato la sacralità di uno spazio borghese. Dopo ampio dibattito fu trovato un accordo soddisfacente per cacciatore, pensatore e topo. Il mio amico liberò il roditore, ma facendolo scappare nella direzione opposta rispetto al sottoscritto. Si fece, in qualche modo garante, della dignità esistenziale di entrambi. Dopo la cerimonia ho estratto felice ( la mia gioia, per come sono tirchio, rese palese la mia disperazione) un biglietto di cinquanta euro per consegnarlo al mio salvatore. Lui ha insistito offrirmi un caffè. Ha pagato con i miei soldi. Ha dato la mancia al barista e mi ha restituito quarantotto euro. “Avevate bisogno di me ed io vi ho aiutato. Mille cose non capisco, ma un topo non è una tigre.”
Amico Luca
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