Parlami d'amore. Dell'amico Luca
Una recente ricerca scientifica ha stabilito che la paura e l’amore risiedono nella stessa parte di cervello, mentre prima si pensava che fossero collocati in luoghi differenti. I carcerati, a dimostrazione della tesi, trascorrono diverse ore a scrivere poesie d’amore per chi li aspetta fuori. Quelli che hanno meno dimestichezza con le parole si fanno aiutare dagli altri. Una specie di scrittura creativa di gruppo, alla quale segue spesso una lettura condivisa. E’l’analfabetismo che, in parte, obbliga a cancellare ogni pudore. Ma c’è anche altro: l’istinto all’autoconservazione, a non soccombere alle asperità e alla paura, appunto. Questo avviene durante ogni tipo di naufragio: più è dura e senza uscita una situazione e più una parte di cervello sviluppa pensieri dolci e melodici. Una mia conoscente, a seguito di una malattia brillantemente risolta, ha sviluppato una eroticità sconvolgente, per cui è difficile guardarla senza commettere intellettualmente atti impuri. E’ diventata più bella, più intelligente, più sexy e più spiritosa. Mi è capitato spesso di leggere lettere d’amore altrui che, molto probabilmente non erano scritte dal mittente e alle quali, pur non essendo il destinatario, dovevo rispondere. Avevo una vicina molto simpatica che mi obbligava a leggere e a rispondere alle lettere del marito carcerato. Vi assicuro che aveva un non so che di imbarazzante. Lui sosteneva di sentire il suo profumo nella brandina, mentre lei (io, per inciso) mi limitavo a percepire le sue carezze nel sogno. Insomma l’amore, nelle sue semplici manifestazioni, a una parte di umanità non fa vergogna. La vergogna è altro: pensate che quando questo signore è uscito dal carcere ha impiegato mesi a toccare di nuovo la moglie. “Che avrà fatto per vivere? Cosa pensa abbia fatto io?” Uno si immagina il detenuto infoiato che si vede nei film e invece, ho avuto modo di ampliare la mia casistica, ci sono persone che ci mettono una settimana per avere il coraggio di andare a mangiare un gelato una volta liberi. Ma è il desiderio a tenerci in vita, forse più che la sua realizzazione. L’unico mio riconoscimento ufficiale come autore è che, ovunque io vada, mi trovo a scrivere lettere d’amore per altri. Poi, essendo un post geografico, me la cavo sempre con semplicità. Se non si tratta di napoletani mi concentro sul nostro sterminato repertorio musicale e traduco una strofa ad hoc per l’occasione. “Che ci diciamo a fare parole amare, se il nostro amore può sopravvivere con un sospiro.” Una volta ho lasciato un fidanzato di una signorina così: “E’ amaro il nostro bene. Sono amari i baci che mi dai. Non ha cielo. Il nostro amore non ha domani.” Se, invece, ho una platea napoletana traduco dal portoghese: “Io senza di te non ho niente, perché senza di te mi manca un perché.” Per gli arabi uso sempre metafore che hanno a che fare con la luce. In tutti i casi termino le missive con la volontà di perdermi negli occhi dell’amato/amata. Praticamente rappresento l’amore altrui sempre avendo in mente “L’infinito” di Leopardi: un naufragio bello, che ci salva da uno brutto. Ma il mio, di amore, che parole ha? Quanti di voi scrivono lettere d’amore? La ricerca scientifica sostiene che si può spegnere l’interruttore che aziona la paura, solo azionando la leva del suo contrario. Ma ne siamo ancora capaci? Io, ad esempio, ho una corrispondenza quasi d’amore con una bella napoletana. I nostri messaggi sono incentrati sui rispettivi casini. E’ vero: un cinquantenne se non è pieno di problemi, non è credibile. Pensate che negli Stati Uniti se un cinquantenne non è super incasinato non gli danno neanche il mutuo in banca, a prescindere dalla sua posizione economica. In pratica se si ha il culetto liscio come quello di un neonato, il sistema ti scarta come se fossi un barbone. E noi, essendo tutti Nord Americani, dobbiamo imparare anche le loro regole di dinamismo sociale, oltre a quelle del liberalismo sfrenato. Però quanto è triste ricevere parole di livore: “ Luca ti penso sempre, ma mi fa male il ginocchio.” Io sono tentato di rispondere: “Parlame d’ammore ammore”, invece digito: “Anche io ti penso, ma mi si è rotta la lavatrice.”
Tommaso è un vecchio falegname di San Giovanni a Teduccio. Gira su uno scooter e, oramai, più che costruire mobili aggiusta quelli che ha già costruito. Una vita abbastanza in salita da un piccolo paese del beneventano alla grande città. Un apprendistato che ha avuto il sapore della schiavitù. Poi, grazie alle sue mani sapienti, il riscatto, con i ricchi napoletani che gli facevano arredare l’intera casa. Tutto duro, tutto solo, senza mai dimenticare il suo unico grande amore. Letizia, invece, nel paesino ci è restata: ha accudito i genitori fino alla morte ed ha aspettato che Tommaso fosse l’uomo giusto e non più il poveraccio al quale la sua famiglia non l’aveva concessa. Per oltre quindici anni il loro rapporto è stato esclusivamente epistolare. Lunghe lettere dove si giuravano amore eterno e eterna felicità. Tommaso con la sua calligrafia tonda e infantile. Lei con le sue lettere acute e un po’ nervose. Si sono aspettati e quando hanno potuto convolare a giuste nozze non avevano più l’età per riprodursi. Eppure, se gli mando un wapp al suo contatto telefonico, corrisponde la foto di un ragazzino nero di venti anni. Chi sarà? A Napoli c’è l’usanza anarchica e non burocratizzata che se una coppia non può avere figli e ne vuole, si cresce il figlio di una coppia incasinata. Tommaso manda continuamente messaggi al figlio e sono tutte parole di amore. Maddalena, invece, è una storica bravissima. Una vera e raffinatissima intellettuale. Mi ha scritto: “ Basta orrore. Dobbiamo parlare solo d’amore.” Ma come? La sua teoria, come del resto suffragato dalla recente scoperta scientifica, è incentrata sulla legge dei contrari. Salvini si fa fotografare con un mitra in mano, lei ignora la foto e posta una strofa d’amore di qualche poeta. Praticamente, dove non abbiamo dentro di noi parole e energie, dobbiamo prenderle in prestito da altri. Ha ragione lei. Così anche io, invece di dare del miserabile a qualcuno, mi rubo a memoria un verso di Gragnaniello, lo traduco male e lo invio a voi amati/amate. “Parlami d’amore, amore e butta a terra la croce, parlami senza voce e senza più parole…”
Amico Luca